[Il 27 settembre 1946 la seconda Sottocommissione della Commissione per la Costituzione prosegue la discussione sull'organizzazione costituzionale dello Stato.

Vengono qui riportate solo le parti relative all'articolo in esame, mentre si rimanda alle appendici per il testo completo della seduta.]

Il Presidente Terracini, ricordata l'approvazione nella riunione precedente di un ordine del giorno Tosato, ai termini del quale la base elettiva della seconda Camera deve essere comunque regionale, avverte che si deve passare ora all'esame del tema successivo: pratica attuazione del principio della rappresentanza regionale. Fa presente che nel corso della discussione si sono manifestate varie tendenze e precisamente: per una rappresentanza degli interessi regionali; per una rappresentanza tipicamente di categorie, sempre nell'ambito della regione; per una rappresentanza della regione considerata esclusivamente come entità territoriale. V'è altresì un sistema misto, previsto nell'articolazione dell'onorevole Conti, la quale, però, dovrebbe essere modificata per renderla aderente alla decisione presa circa la base regionale della rappresentanza.

Conti, Relatore, è d'accordo e aderisce anche al desiderio di alcuni colleghi di modificare le sue proposte nel senso di stabilire che ogni Assemblea regionale elegge un numero fisso di senatori.

Lussu, ricordato che alla sua proposta di comporre la seconda Camera con un numero fisso ed eguale di rappresentanti per ogni regione fu mossa l'obiezione che essa tradiva una aspirazione federalistica, si dichiara disposto a scendere su un terreno di compromesso. Accetterebbe infatti la soluzione di determinare — scartando l'ipotesi della rappresentanza di categorie ed enti culturali, che è contraria alle sue idee — un numero di rappresentanti per ogni regione proporzionato alla popolazione.

All'uopo propone la seguente formula:

«La seconda Camera è composta di un numero di rappresentanti proporzionale al numero degli abitanti (o, se si preferisce, degli elettori) della regione».

Nobile chiede se la questione del tipo di rappresentanza debba considerarsi pregiudicata dalle decisioni precedenti.

Il Presidente Terracini precisa che nell'ordine del giorno votato si è usata un'espressione molto larga, in quanto si è parlato di «forze vive». Ora si tratterebbe, appunto, di stabilire che cosa s'intende per «forze vive».

Bozzi osserva che l'onorevole Lussu nel suo ordine del giorno non dice come i senatori dovrebbero essere eletti: se dalle Assemblee regionali oppure no.

Lussu consiglierebbe una elezione di secondo grado.

Il Presidente Terracini avverte che la questione sarà presa in esame in un secondo tempo.

Dà notizia di un progetto presentato dall'onorevole Mortati, che prevede all'articolo 5 una forma di rappresentanza duplice. Detto progetto consta dei seguenti 10 articoli:

[...]

Art. 3. — Il Senato è composto da membri eletti dalle regioni, in numero di 300, per la durata di 5 anni. Il numero dei senatori assegnato ad ogni regione è proporzionale a quello dei cittadini in essa domiciliati. Tuttavia nessuna regione potrà avere un numero di rappresentanti superiore a ... né inferiore a ...

Art. 4. — Per ogni senatore sarà eletto un supplente.

Art. 5. — I seggi di senatore assegnati ad ogni Regione sono per metà coperti con elezione a suffragio diretto, universale, e per l'altra metà con elezioni da effettuarsi nell'ambito di speciali collegi elettorali, formati in base alla appartenenza dei cittadini ad una delle seguenti categorie di attività produttive: a) agricoltura e pesca; b) industria, compresa quella dei trasporti e bancaria; c) commercio; d) scuola e cultura; e) giustizia; f) urbanistica, sanità ed igiene; g) amministrazione pubblica.

Art. 6. — I seggi assegnati ad ognuna delle categorie di cui all'ultima parte del precedente articolo, verranno attribuiti in parti uguali da distinti subcollegi formati rispettivamente dagli addetti ad attività di lavoro salariato, oppure di lavoro autonomo direttivo.

Art. 7. — L'assegnazione del numero dei membri da eleggere dalle singole categorie nell'ambito di ciascuna regione sarà fatta con legge costituzionale, da sottoporre a revisione periodica ogni 10 anni, tenendo conto del diverso grado di efficienza di ognuna.

Art. 8. — I procedimenti elettorali per la nomina dei due gruppi di senatori saranno determinati da apposita legge.

[...]

Tosato ricorda di aver presentato una proposta che differisce in parte da quella dell'onorevole Mortati.

Il Presidente Terracini fa rilevare che con la proposta Tosato si circoscrivono le elezioni nell'ambito ristretto di determinate categorie, escludendosi una rappresentanza puramente territoriale.

Zuccarini parte dal presupposto che il Senato debba avere una funzione integratrice e perfezionatrice nei riguardi della prima Camera, e debba essere espressione di un pensiero più maturo, di una maggiore ponderazione. Trova che porre a base della sua composizione la rappresentanza di interessi, significherebbe restringere la visuale ad un campo particolaristico, anziché generale. Se ciò è inopportuno, è altresì difficile stabilire quali sono questi interessi, e a quali va data la prevalenza. V'è inoltre da aggiungere un'altra considerazione, e cioè che, con questo sistema, non si conferirebbe alla seconda Camera maggiore competenza o capacità. Ogni rappresentante di interesse sarebbe particolarmente competente nel suo campo e l'unione di diverse competenze specifiche darebbe luogo all'incompetenza generale. Un agricoltore, ad esempio, potrà decidere con cognizione di causa su questioni che riguardano l'agricoltura, ma chiedere un parere al riguardo ai rappresentanti di altri interessi equivarrebbe a chiedere il parere di incompetenti.

Per queste ragioni è contrario alla rappresentanza di interessi, come pure alla rappresentanza mista, territoriale e di interessi, che comporterebbe una duplice partecipazione alle stesse elezioni; ed esprime il parere che il sistema migliore sia quello della rappresentanza esclusivamente regionale, che dà modo al cittadino di manifestare la sua volontà una prima volta come individuo politico, attraverso l'elezione della prima Camera, ed una seconda volta come persona interessata ai problemi amministrativi ed economici della sua regione.

Einaudi non si rende conto di come una elezione fatta unicamente per regioni possa dare una rappresentanza diversa da quella della prima Camera. A meno che per la prima Camera non si costituisca un collegio nazionale, anch'essa sarà eletta da elettori appartenenti alle singole regioni. Occorre un criterio discriminatore, affinché si possa dire che con la prima elezione non si ha una rappresentanza delle regioni, mentre lo si ha con la seconda.

Nobile si dichiara contrario al criterio della rappresentanza di categorie. Spingendo al paradosso l'obiezione dell'onorevole Zuccarini, osserva che se, per esempio, i rappresentanti fossero 150 e 150 gli interessi rappresentati, nella trattazione di un qualsiasi argomento ci sarebbero un solo competente e 149 incompetenti. È invece favorevole all'elezione, senza limiti di interessi da rappresentare, da parte dell'Assemblea regionale e alla determinazione di un numero eguale di rappresentanti per ogni regione, così da dare a ciascuna lo stesso peso nelle decisioni.

Laconi condivide l'opinione dell'onorevole Zuccarini. Il sistema della doppia rappresentanza — tipicamente regionale e di interessi regionali — non considera l'assurdità di una distinzione tra rappresentanti regionali e rappresentanti di interessi regionali. In sostanza si dovrebbero creare come due piccoli parlamenti che in comune non avrebbero che il fatto di sedere nella stessa aula.

A suo avviso, l'unica rappresentanza concepibile è invece quella genericamente regionale. D'altronde, una seconda Camera così composta potrebbe rimediare alle eventuali deficienze attraverso gli apparati tecnici di cui potrebbe circondarsi e mantenendosi in contatto con gli organismi tecnici della regione.

All'obiezione dell'onorevole Einaudi risponde che un criterio distintivo tra le due Camere si avrebbe già nella diversità del mandato: mentre i deputati ricevono un mandato genericamente politico, i senatori avrebbero un preciso mandato di rappresentanza regionale.

Una seconda distinzione si avrebbe poi nel corpo elettorale, poiché la seconda Camera non sarebbe costituita con i criteri larghi della prima, ma con una scelta oculata e selezionata.

Si dichiara infine contrario alla tesi Tosato di una rappresentanza unicamente di interessi regionali, che porrebbe le Assemblee regionali di fronte alla insormontabile difficoltà di determinare una proporzione ed una scala di valori tra i vari interessi.

Ripete, per concludere, che unica soluzione accettabile è quella di costituire la seconda Camera con rappresentanze regionali genericamente intese, rimanendo implicito che esse rispecchiano la situazione regionale sotto tutti i punti di vista, anche sotto quello degli interessi economici.

Lami Starnuti si dichiara contrario alla rappresentanza degli interessi, soprattutto tenuto conto del fatto che le categorie riescono sempre, anche se non è loro riconosciuta una rappresentanza diretta, a farsi valere attraverso le elezioni politiche.

Difficilissimo ritiene poi lo stabilire la proporzione tra le varie categorie di interessi, e gradirebbe che l'onorevole Mortati, uscendo dal generico, indicasse con un esempio pratico quale potrebbe essere la ripartizione dei seggi fra le categorie di una determinata circoscrizione regionale, presa come circoscrizione tipo.

Concorda con l'onorevole Lussu che il numero dei seggi dovrebbe essere stabilito in proporzione alla popolazione della regione, il che consentirebbe di mantenere esattamente il rapporto proporzionale tra eletti ed elettori. Assegnando a ciascuna regione un numero fisso di seggi, indipendentemente dalla rispettiva popolazione e con la sola differenziazione delle categorie, si creerebbe una fisionomia politica della seconda Camera non corrispondente a quella reale del Paese.

Mortati, Relatore, si propone di illustrare più dettagliatamente le sue proposte, venendo così incontro al desiderio di alcuni colleghi.

Premette che, in sostanza, i fini politici che si vogliono realizzare con la seconda Camera si possono riassumere nelle seguenti tre proposizioni: 1°) maggior contatto tra l'orientamento generale e gli interessi concreti del paese, che dovrebbero tutti avere una loro rappresentanza; 2°) realizzazione ad arte di quel necessario equilibrio fra tutte le forze politiche che consenta alle più deboli, a quelle che in sede di elezioni politiche non hanno potuto conseguire, per la natura stessa del suffragio universale, una adeguata affermazione, di organizzarsi e di acquistare coscienza di sé; 3°) maggiore idoneità ad affrontare i compiti affidati al Parlamento — che in uno Stato moderato è chiamato a risolvere una quantità di questioni tecniche — attraverso l'immissione di elementi particolarmente competenti.

Appunto per raggiungere questi fini egli ha proposto di abbinare al criterio funzionale quello organico, intendendo con quest'ultimo il collegamento della rappresentanza politica con le varie articolazioni, territoriali e di categorie produttive, che formano la struttura sociale della nazione.

[...]

A chi si è posta la domanda perché egli, dal canto suo, abbia consigliato due specie di rappresentanza regionale, fa presente che certo l'ideale sarebbe una Camera tutta formata di rappresentanti di categorie; ma, limitandosi alla rappresentanza delle attività produttive, si lascerebbero fuori numerose categorie di cittadini non inquadrabili; per esempio, le donne non addette a lavori produttivi, i militari, i ministri del culto, i pensionati, gli studenti. Questi resterebbero esclusi dal suffragio, mentre — essendosi premesso che la seconda Camera dovrà uniformarsi, nei limiti del possibile, alla prima per quanto riguarda l'efficacia rappresentativa — occorreva trovare una maniera per ovviare all'inconveniente. Perciò ha proposto che una metà dei seggi sia attribuita dai cittadini in generale, mediante suffragio diretto e universale.

Precisa all'onorevole Einaudi, che ha domandato se e come la seconda Camera si distinguerebbe dalla prima, che i criteri di differenziazione sono molteplici. Un primo riguarda la categoria degli elettori, che dovrebbero avere 25 anni di età; un secondo i requisiti per la eleggibilità (età superiore ai 40 anni e appartenenza a determinate categorie generali di capacità, da determinarsi con apposita elencazione); un terzo il metodo delle elezioni; un quarto la diversa rappresentanza attribuita alle regioni. Al riguardo osserva che, se si respinge la tesi di una rappresentanza paritetica per ogni regione, che è considerata troppo federalistica, e si accoglie il criterio della proporzionalità con la popolazione, occorre determinare un limite minimo ed un limite massimo nel peso politico delle varie regioni. Come esempio di ordinamenti, in cui le due Camere elette entrambe a suffragio universale si differenziano per le diverse modalità dei congegni rappresentativi, cita la Svizzera, gli Stati Uniti, la Cecoslovacchia, ecc.

[...]

Patricolo. [...] Riprendendo il tema dell'ammissione in Senato di uomini di alto merito, nota che si è esclusa la possibilità di nomina da parte del Capo dello Stato, ma che si potrebbe consentire a ciascuna Assemblea regionale di eleggerne uno. Si ovvierebbe così all'inconveniente di una investitura dall'alto e si avrebbe nello stesso tempo l'apporto di esperienza di uomini che costituiscono un lustro per la Nazione. Propone quindi una norma che suoni così: «Spetta a ciascuna Assemblea regionale la nomina di un senatore, scelto fra cittadini di alto merito della Regione».

Mannironi presenta il seguente ordine del giorno:

«Il Senato viene costituito dalle Assemblee regionali, le quali eleggeranno tre rappresentanti della regione ed inoltre un rappresentante per ogni 300 mila abitanti, scegliendoli fra gli esponenti dell'agricoltura, della industria, del commercio, del lavoro e degli studi, nella proporzione fissata dalle singole Assemblee regionali a ogni legislatura».

[...]

La Rocca nota che per ora su una cosa si è d'accordo: che, cioè, la seconda Camera debba essere l'espressione dell'ente regionale che si vuole creare. Spera che non si desideri invece che divenga il luogo di riunione di rappresentanti di ristrette categorie.

Posto che è altresì acquisito che la seconda Camera dovrebbe rappresentare le forze vive, produttive della Regione, crede che nessuno più delle Assemblee regionali sia in grado di scegliere quegli elementi che danno maggior affidamento di saper tutelare gli interessi regionali; e che in omaggio ai principî democratici bisognerebbe opporsi nella maniera più assoluta a che si possano gabellare per interessi generali, interessi del tutto particolari ed a che si dia una posizione di privilegio a determinate categorie.

Concludendo, propone che siano le Assemblee generali o i consigli comunali dei centri maggiori della regione a designare o eleggere i rappresentanti, il cui numero andrebbe fissato in misura proporzionale alla popolazione della regione.

Einaudi ricorda di aver domandato quali criteri autorizzino a considerare la rappresentanza della seconda Camera diversa da quella della prima ed a ritenere l'una espressione vera della regione e l'altra no. Non ritiene validi gli argomenti che sono stati prospettati (diversa età degli elettori, requisiti per l'eleggibilità, metodi di elezione, ecc.) a soddisfazione della sua richiesta. A suo avviso, l'unico elemento veramente discriminatore potrebbe consistere — se non si vuole arrivare a forme di rappresentanza come quella americana e svizzera — nello stabilire per la seconda Camera una rappresentanza non proporzionata alla popolazione. Questa sarebbe una condizione imprescindibile, per evitare di creare un doppione.

[...]

Fabbri. [...] A suo avviso, la Carta costituzionale dovrebbe determinare: un numero totale dei componenti la seconda Camera, un numero fisso di seggi assegnati a ciascuna regione, i titoli di idoneità alla nomina e il meccanismo di elezione.

Circa le assegnazioni dei seggi a ciascuna regione, pensa che dovrebbe esser fatta seguendo un criterio politico. Si potrebbe, cioè, tenere particolare conto di quelle regioni del Mezzogiorno, che si sono sempre considerate oppresse dal Nord, e assegnare loro un numero maggiore di seggi in confronto alle province settentrionali.

Le Assemblee regionali in occasione di ciascuna elezione, la prima volta totale, poi parziale, stabilirebbero la ripartizione dei rappresentanti tra le forze vive locali, tenuti sempre presenti i requisiti di idoneità fissati dalla Costituzione. Chiunque fosse in possesso di tali requisiti potrebbe porre la propria candidatura e le elezioni dovrebbero avvenire per suffragio universale diretto, escluso il sistema della proporzionale, a maggioranza relativa, sempre che si raggiunga un determinato quorum di voti, ed eventualmente assicurando anche una rappresentanza di minoranza.

Come titolo di idoneità si riferirebbe a quello, consigliato dall'onorevole Einaudi, della esperienza compiuta nell'esercizio di una determinata professione, arte o mestiere.

[...]

Bozzi propone la seguente articolazione:

«Art. 1. (come l'Art. 3 del progetto Mortati)

«Art. 2. — I Senatori sono scelti con elezione a suffragio diretto, universale da parte dei cittadini domiciliati in ciascuna regione.

«Possono essere eletti i cittadini domiciliati nelle regioni e appartenenti alle categorie indicate nell'articolo ... (elencazione dell'onorevole Tosato)

«Ciascuna assemblea regionale determina, all'inizio di ogni legislatura, i seggi che debbono spettare ad ogni categoria».

Mannironi nota che, nonostante gli aspri contrasti fra le diverse teorie, ci si avvia progressivamente, verso una soluzione che potrebbe considerarsi di compromesso.

Un primo accordo si è raggiunto sul concetto fondamentale che la composizione del Senato dev'essere a base regionale, con l'approvazione di un ordine del giorno col quale evidentemente non si intendeva solo fare un'affermazione formale. L'ordine del giorno ha un contenuto sostanziale che ora si tratta di concretare; si tratta, cioè, di vedere come il Senato possa, attraverso alla rappresentanza, divenire veramente l'espressione delle regioni.

[...]

Richiama pertanto l'attenzione dei colleghi sulla sua formulazione, in cui ha tentato di conciliare le opposte tendenze. In essa ha previsto che nel Senato dovrebbero essere rappresentate le regioni con un numero paritetico di rappresentanti e precisamente tre per ogni regione. La Sottocommissione, se crede, potrà anche elevarli a quattro o cinque. Quando si dicesse, per esempio, che ogni regione ha diritto di eleggerne cinque, si avrebbero già (posto che le regioni sono 16) 80 membri che sarebbero espressione esclusiva delle regioni, dal punto di vista politico, in un totale di circa 300 senatori. Il rimanente sarebbe invece l'espressione delle forze produttive, lasciando la determinazione delle rispettive proporzioni alle Assemblee Regionali. Queste potrebbero tener conto dei vari orientamenti dell'economia regionale, ovviando all'inconveniente della cristallizzazione segnalato dall'onorevole Einaudi.

Ha preferito rapportare alla popolazione il numero dei rappresentanti, per evitare di dare all'organizzazione statale un carattere federativo.

 

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A cura di Fabrizio Calzaretti