[Il 14 novembre 1947, nella seduta antimeridiana, l'Assemblea Costituente prosegue la discussione generale dei seguenti Titoli della Parte seconda del progetto di Costituzione: Titolo IV «La Magistratura», Titolo VI «Garanzie costituzionali». — Presidenza del Vicepresidente Targetti.

Vengono qui riportate solo le parti relative all'articolo in esame, mentre si rimanda alle appendici per il testo completo della discussione.]

Cassiani. [...] Quando si afferma nel progetto di Costituzione l'inamovibilità, non si fa certo — è evidente — riferimento a quanto si diceva nel 1888 nell'Assemblea francese, che l'inamovibilità non è un dogma, non è un principio costituzionale, tanto meno un contratto tra lo Stato e il giudice, e che è semplicemente una regola di competenza che serve più a tutela del giudicabile che del giudicante.

Siamo lontani, evidentemente, da questa concezione. Ma l'inamovibilità diventa qui un principio costituzionale, ad evidente difesa dell'indipendenza della Magistratura.

Ecco perché non comprendo la protesta vivace dell'amico e collega Caccuri. Forse la sua passione di magistrato lo ha spinto oltre: contro che cosa protesta, di che si lamenta? Insomma, con queste norme, e particolarmente con quella dell'articolo 97, dove è scritto che i magistrati dipendono soltanto dalla legge, si enuncia un principio che un tempo destava allarme. È un principio che potrebbe farci temere un'operazione pericolosa, l'operazione di tagliare quello che fu chiamato il «cordone ombelicale» che deve legare la Magistratura al corpo statuale. Ci farebbe temere questa operazione pericolosa, ove non fossimo, invece, convinti di concorrere, attraverso queste norme, alla difesa delle pubbliche e delle private libertà del popolo italiano.

[...]

Mancini. [...] Una sola indipendenza avrebbe dovuto essere reclamata e garantita: non quella all'esterno, ma l'indipendenza all'interno della Magistratura. Quando si è creato questo Consiglio Superiore, le cui origini sono elettive, quando non avete espresso un sistema, per cui il singolo magistrato si senta veramente dipendente solo dalla legge, in modo di evitare la gerarchia, in quanto tutti esplicano la stessa funzione e dipendono nello stesso modo dalla legge, che viene interpretata ed applicata secondo i dettami della propria intelligenza e coscienza, come si può seriamente affermare la completa indipendenza del giudice? Se il Consiglio Superiore della Magistratura rassicura la indipendenza esterna, l'ineguaglianza di grado turba, quando non lo elimina, il potere di autogovernarsi effettivamente. Inoltre, quando abbiamo fatto penetrare nell'interno della Magistratura il soffio pericoloso dell'elettorato, che naturalmente determina passioni, desideri, risentimenti, favoritismi, ditemi come può essere garantita nell'interno della Magistratura quella indipendenza assoluta che si pretende all'esterno?

Il principio della eguaglianza di tutti i giudici e del valore della carriera come esplicazione di funzioni diverse, e non come gerarchia nel senso tradizionale della parola; l'elezione del Consiglio Superiore in base ad elezione di magistrati di qualsiasi grado, avrebbero potuto raggiungere quella indipendenza così necessaria all'interno del corpo giudiziario.

[...]

Dopo ciò, dovrei parlare dell'inamovibilità della Magistratura, sulla quale avrei qualche riserva da fare. Mi limito soltanto a concludere questa parte del mio discorso affermando che l'Italia, a differenza della Francia, ha concesso l'inamovibilità financo al pubblico ministero, che per me resta sempre parte. La vera indipendenza della Magistratura dipende dalla stessa Magistratura, cioè dalle qualità morali dei suoi componenti.

 

PrecedenteSuccessiva

Home

 

 

A cura di Fabrizio Calzaretti